giovedì 21 febbraio 2008

Adios Fidel


Ernesto è calmo. Guarda il suo orologio di fabbricazione russa e fissa in lontananza i palazzi della periferia dell'Havana. Cerca gli occhi dei suoi compagni, la stanchezza che con prepotenza indurisce i muscoli. Fidel arriva di corsa con Raul. I tre in silenzio sorridono e al grido "Vamos" avanzano senza paura verso la città. Domani sarà loro, sarà del popolo. Domani le strade e le mura si riempiranno dell'urlo "VIVA CUBA LIBRE".



Anni di onnipotenza, momenti di debolezza. Il sogno cubano, tramutato in ideale da un argentino figlio del sud america globale, svanito nella giungla boliviana. Un lider amato dal suo popolo e poi quasi ripudiato dalla massa navigante verso le coste del demone a stelle e strisce. Cuba è sempre là. Le Cadillac ormai prive di smalto e i palazzi segno di un fasto passato, fatto di stelle hollywoodiane e gangsters italoamericani, rappresentano il presente dell'isola della libertà. La libertà non c'è mai stata, deviata in regime dal lurido gioco di potere. I campi e le loro colture devastati da un terreno povero, mai rigenerato dalla mai applicata politica agraria di Guevara. Guerra fredda e movimenti da regime, tensione e finta ostentazione, povertà radicata e villaggi vacanze all-inclusive. Oggi Fidel abdica, dietro il fratello e la classe militare pronta a continuare il sogno infranto. E' tempo di cambiare e accantonare il romanticismo. E' arrivato il momento di dare dignità a un popolo condannato all'embargo per delle colpe non proprie. Voglio davvero vedere Cuba libre.

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